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Sbatti il mostro in prima pagina, di Marco Bellocchio

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Sbatti il mostro in prima pagina è un film del 1972 diretto da Marco Bellocchio ed interpretato da Gian Maria Volonté.

Giancarlo Bizanti (Gian Maria Volonté), il redattore capo del quotidiano milanese Il Giornale, ha deciso per ragioni politiche di dare grande risalto a un fatto di cronaca che ha profondamente scosso l’opinione pubblica (lo stupro e l’omicidio di una studentessa liceale all’uscita della scuola). Il principale sospettato è Mario Boni, un giovane appartenente a un gruppo di estrema sinistra che frequentava occasionalmente la ragazza e che l’ha incontrata anche il giorno del delitto. Sullo sfondo, c’è una dura campagna elettorale in corso e la tensione politica è alle stelle. In questo confuso contesto politico (siamo agli inizi degli anni Settanta), il redattore capo cerca di approfittare del sordido fatto di cronaca nera per gettare discredito sulla parte politica avversa, imbastendo un’implacabile campagna stampa contro il principale indiziato, basata su articoli tendenziosi dai titoli roboanti sparati in prima pagina. In breve tempo, per l’opinione pubblica assetata di giustizia sommaria il ragazzo sospettato del delitto diventa il Mostro da condannare, non solo per il suo orrendo crimine, ma anche per le sue idee sovversive, giudicate altrettanto orrende e pericolose per la società. Grazie al decisivo contributo di un altro giornalista, Roveda, un giovane reporter alle prime armi non convinto della versione ufficiale sostenuta dal suo capo redattore, si scoprirà alla fine il vero colpevole, ma l’editore del giornale sceglierà cinicamente di tenere nascosta la notizia fino a dopo le elezioni.

mostro_locandinaIl film non manca di spunti interessanti, ma rivisto oggi appare eccessivamente schematico e in certi passaggi un po’ troppo semplicistico, con un’alternanza non sempre felicemente risolta tra un tono realistico di fondo e il registro grottesco e marcatamente caricaturale di certe sequenze. Il regista stesso, Marco Bellocchio, non lo ha mai considerato tra le sue opere migliori: si è trattato infatti per lui di un film su commissione, destinato inizialmente a un altro regista, e che solo in parte Bellocchio è riuscito a personalizzare. È uno di quei film di denuncia a forte connotazione ideologica, tipici di quel periodo, nei quali la ricerca formale passa in secondo piano rispetto alle idee (urgenti) da comunicare al pubblico: il cosiddetto “messaggio” finisce per eclissare tutto il resto. Rivisto oggi, il film di Bellocchio appare quindi, come si suol dire, piuttosto datato, ma comunque interessante proprio per questo motivo: come molti film di quegli anni, i cosiddetti Anni di piombo, Sbatti il mostro in prima pagina è una significativa istantanea dell’Italia all’inizio degli anni Settanta. Le allusioni dirette o indirette all’attualità dell’epoca sono numerose, a cominciare dal delitto da cui parte l’inchiesta del Giornale, ispirato a un fatto di cronaca autentico che aveva riempito per mesi le prime pagine dei giornali (l’assassinio di Milena Sutter, una ragazzina di 13 anni figlia di un industriale svizzero, rapita all’uscita della scuola, a Genova, e trovata morta poche settimane dopo). Il film inizia peraltro come un vero e proprio documentario, con alcune sequenze tratte dai telegiornali dell’epoca che mostrano degli scontri di piazza tra giovani di destra e di sinistra, ma anche i funerali dell’editore Gian Giacomo Feltrinelli, trovato morto in circostanze misteriose poco prima che Bellocchio iniziasse le riprese del film.

Il bersaglio principale del film è un giornalismo schierato a difesa del potere e che manipola l’informazione ad uso politico, per esempio per condizionare le elezioni. Nel caso specifico viene mostrato il modo spregiudicato in cui talora vengono trattati i fatti di cronaca, terreno sempre fertile per chi vuole alimentare le paure della gente e rivendicare più ordine, soprattutto in periodo preelettorale. La cinica operazione messa in atto dal redattore capo fa parte di quella che nel gergo politico di quegli anni veniva chiamata la “strategia della tensione”. Oggi si parlerebbe piuttosto di “macchina del fango”, espressione che corrisponde perfettamente a quanto mostrato nel film di Bellocchio, la creazione di un mostro ad hoc, attraverso una campagna stampa basata sulla menzogna.

Þ Curiosità.

L’organo di informazione al centro del film, Il Giornale, quasi per antonomasia, allude in realtà al Corriere della Sera, considerato all’epoca il principale quotidiano di riferimento della borghesia italiana. Il personaggio del capo redattore Bizanti, interpretato con la consueta bravura da Gian Maria Volonté, l’attore simbolo del cinema italiano cosiddetto “impegnato” tipico di quel periodo, non ha un modello preciso ma si ispira in parte a Indro Montanelli, uno dei più famosi giornalisti italiani del dopoguerra, che collaborava proprio con il Corriere della Sera. Per una bizzarra coincidenza (o forse no), due anni dopo proprio Montanelli, uscito dal Corriere della Sera, fonderà un quotidiano schierato a destra e lo chiamerà… Il Giornale, proprio come il foglio che nel film di Bellocchio era diretto dal suo presunto alter ego cinematografico. Eloquente esempio di come, a volte, il cinema anticipa la realtà.

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Estratto di Sbatti il mostro in prima pagina (1972) - Marchio Bellocchio © YouTube

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