Nell’ambito del Progetto d’Istituto «Sulle tracce della contemporaneità. Il presente della Grande Guerra» e del tema di Scienze umane per l’anno 2014-2015, «Democrazia», lo storico Emilio Gentile ha tenuto una conferenza venerdì 3 ottobre 2014 nell’Aula magna del liceo. La conferenza del professor Emilio Gentile ha avuto per titolo: «La Grande guerra: l’apocalisse della modernità. Dalla democrazia al totalitarismo» Emilio Gentile, storico di fama internazionale, è professore emerito dell’Università di Roma La Sapienza. Nel 2003 ha ricevuto dall’Università di Berna il Premio Hans Sigrist per i suoi studi sulle religioni della politica. È autore, tra l’altro, di L’apocalisse della modernità. La Grande Guerra per l’uomo nuovo (Mondadori), Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi (Feltrinelli) e Le origini dell'ideologia fascista 1918-1925 (il Mulino). Per meglio contestualizzare la conferenza alcuni tratti del libro di Emilio Gentile «L’Apocalisse della modernità. La Grande guerra per l’uomo nuovo» (Laterza, 2008), pubblicati sul quotidiano «Il Sole 24 ore» domenica 30 novembre 2008. «Quando la Grande Guerra iniziò, l’uomo europeo pensava di appartenere a una civiltà che era diventata la civiltà per antonomasia, trionfante ovunque nel mondo. Quando la Grande Guerra cessò, l’uomo europeo aveva perso l’orgoglio della propria superiorità, era angosciato dalla visione di un futuro senza speranza, dove la nozione stessa dell’uomo moderno quale elevata espressione di una superiore civiltà era stata brutalmente annientata dall’esperienza della guerra. […] Non stupiscono, dopo l’esperienza della Grande Guerra, le angosce sul destino dell’uomo moderno né le considerazioni sul declino della civiltà occidentale, sulla fine del progresso, sulla crisi della ragione, sulla possibilità stessa, per l’uomo moderno, di costruire una civiltà capace di allontanare definitivamente lo spettro della barbarie dalla vita individuale e collettiva. Mai nel corso della storia umana era accaduto, ai contemporanei di qualsiasi epoca, di vivere in un periodo così breve l’esperienza catastrofica del naufragio di una civiltà che, appena un decennio prima, aveva celebrato il primato della sua universalità, dominando nel mondo con la potenza delle armi, della ricchezza, della scienza e della cultura. Quel che può invece destare stupore, è constatare che le riflessioni sulla catastrofe della civiltà europea e sul destino dell’uomo moderno non erano nuove, ma erano state già quasi tutte anticipate negli anni precedenti la Grande Guerra, nel periodo considerato l’epoca bella della modernità trionfante, quando la civiltà europea raggiunse l’apoteosi con il trionfo della modernità come civiltà universale, e con l’egemonia dell’Europa imperiale nel mondo. Un capitano francese scrisse in una lettera: «Assistiamo alla fine di un mondo, ai soprassalti di una civiltà che si suicida. Del resto, a parte le sofferenze che questo provoca, non poteva fare di meglio». Enigmatica, meccanica, anonima, diabolica, bestiale, la Grande Guerra appariva come una mostruosa simbiosi fra modernità e barbarie, fra umanità e bestialità, e in questa simbiosi sembrava realizzare effettivamente, con una crudeltà che superava qualsiasi immaginazione, le profezie sulla catastrofe dell’uomo moderno, travolto dalle stesse creature meccaniche che egli aveva inventato per accrescere la sua potenza e il suo dominio. Anzi, la guerra stessa era una nuova apocalisse, cioè una nuova rivelazione sul destino umano, non come previsione profetica del futuro, ma descrizione della realtà del presente: la modernità, per sua essenza catastrofica, aveva compiuto la distruzione della civiltà per mezzo di potenze tecnologiche, seminatrici della morte di massa, che l’uomo moderno aveva inventato per accrescere il suo dominio sulla natura e sul mondo, diventandone alla fine schiavo e vittima».