Durante la Prima guerra mondiale la propaganda e la censura esercitate dagli Stati in guerra furono un fenomeno intrinseco dello sforzo bellico che influenzò profondamente l'opinione pubblica e i soldati al fronte. La propaganda è “l'attività di disseminazione di idee e informazioni con lo scopo di indurre a specifiche attitudini e azioni”, ovvero il "conscio, metodico e pianificato utilizzo di tecniche di persuasione per raggiungere specifici obiettivi atti a beneficiare coloro che organizzano il processo". Sin dall’antichità questi "giochi dell’informazione" sono stati strettamente legati alle guerre, ma nel periodo della Prima Guerra Mondiale (1914-1918) essi assunsero un significato nuovo. Vennero infatti attuati per mobilitare l’opinione pubblica allo scopo di vincere il conflitto, per demoralizzare il nemico influenzandone l’opinione pubblica mediante informazioni manipolate secondo il proprio bisogno. La manipolazione e la censura del flusso delle informazioni furono necessarie affinché si potessero controllare i popoli, amici o nemici che fossero. L'introduzione della censura Nei primi mesi di guerra una questione fu di primaria importanza: in quale misura si potevano modificare le informazioni facendo sì che rimanessero credibili? Il controllo fu un punto cruciale per la censura. Si controllarono le famiglie e la posta ma, nonostante ciò, l’arrivo di rifugiati portava testimonianze che spesso andavano contro ciò che era la notizia ufficiale, testimonianze che narravano di atrocità compiute, talvolta però frutto dell’esagerazione. Se inizialmente il sistema d’informazione non fu totalmente consapevole e programmato, parallelamente all’inasprimento del conflitto vennero creati veri e propri uffici di censura e stampa. La stampa dei diversi stati fu irreggimentata e i giornalisti dovettero convincersi che fosse giusto mentire per evitare conflitti interni, oltre a quelli esterni che stavano prendendo piede. La censura del quarto potere partì quindi come obbligo da parte delle istituzioni militari, sotto minacce e violenze. Con il tempo, però, gli stessi giornalisti cominciarono a convincersi che fosse un bene promuovere anche immagini false al fine di spronare truppe e popoli a non arrendersi. Si passò presto a un’autocensura del giornalismo, in cui spesso però le notizie erano distorte già alla fonte, visto che i pochi reporter che accedevano al conflitto in “prima linea” non venivano mandati nelle zone salienti, ma semplicemente nelle retrovie. Anche le lettere e i documenti provenienti dai soldati stessi venivano censurati, isolando così dal resto del mondo le truppe che si trovavano al fronte. Quella contro i giornali non era però una censura totale, e veniva facilmente aggirata con la pubblicazione parziale delle notizie in giorni successivi o in articoli secondari, passando le informazioni scottanti tra le righe. Con il prosieguo della guerra il popolo diventò più diffidente nei confronti dell’informazione ufficiale: venivano sistematicamente occultate le proporzioni delle proprie sconfitte, si facevano promesse di ricompense a fine conflitto, si cercava di dare aspettative e speranze al popolo, ma ciò non fece altro che alimentare la crisi che si manifesterà nel dopoguerra. La propaganda La Francia voleva far sì che la censura e la propaganda fossero attuate in modo tale da poter avvicinare a sé i paesi neutrali nel caso di bisogno. Nel 1916, proprio durante le battaglie di Verdun e della Somme, furono moltiplicati gli sforzi propagandistici, soprattutto grazie alle sempre più frequenti immagini, fotografie e video. Si tratta di una svolta nella storia della propaganda per immagini, un cambiamento che, con successo, dimostrava il bisogno popolare di sapere e capire cosa fosse veramente la guerra. Queste due battaglie segnarono però pure l’apice delle menzogne, per ciò che riguarda i morti. Invece di considerare le proprie vittime, le notizie ingigantivano le perdite degli avversari, mitizzando i propri soldati ma, cosa ancora più importante, nascondendo la propria sconfitta. Questa propaganda distorta sfociò automaticamente in censura, rafforzata dai singoli stati al fine di mantenere alto il morale dei soldati ormai stanchi e di portare avanti la lotta per la sopravvivenza. Nel periodo di fine guerra molti paesi diminuirono la propaganda rendendola quasi nulla, spesso annunciando false vittorie, e a prevalere in modo più definitivo fu la censura, volta ad evitare che le possibili rivoluzioni di altri paesi potessero intaccare e scatenare i popoli più tranquilli. Il Cinema ebbe un ruolo fondamentale nella Prima guerra mondiale. La gente, vedendo fotografie e filmati, si convinceva dell’autenticità delle immagini che vedeva; fu proprio per questo motivo che le nuove tecniche multimediali vennero presto inglobate nel sistema di propaganda, sotto il controllo delle autorità, al fine di poter orientare e maneggiare l’opinione pubblica. Esistevano, di fatto, due tipi d’immagini: quelle amatoriali e quelle documentali. Le prime, più spontanee e vicine alla verità, sfuggivano di frequente alla censura, poiché erano scattate dai soldati al fronte tramite piccole macchine fotografiche. Il secondo tipo d’immagine era invece pensato per dare una visione positiva della guerra e di ciò che accadeva nelle trincee, nonostante che queste fotografie, il più delle volte, non venissero nemmeno scattate nei luoghi del conflitto. Il confine tra reale e finzione era diventato, durante la Grande Guerra, assai labile, poiché spesso le immagini erano frutto di una spettacolarizzazione della realtà in cui il nemico, da inesistente e invisibile, si era trasformato in un mostro sanguinario. Questa visione distorta del conflitto favoriva i moti patriottici e la giustificazione della guerra, rendendo protagonista il proprio soldato, diventato ormai un eroe e un esempio da seguire, ed evitando di mostrare i propri morti o le proprie sconfitte. Il desiderio di poter mostrare cosa stava vivendo la propria nazione era sempre radicato nella società che si trovava impotente, nell’impossibilità di realizzarlo: i montaggi che giungevano nei cinema rischiavano di essere soltanto una farsa, uno spettacolo, con il quale promuovere un conflitto che durava da ormai troppo tempo. La ricezione degli eventi bellici durante la Prima Guerra Mondale, veri o falsi che fossero, mostrava la capacità della società di accettare e di convivere con la guerra. In fin dei conti, le tante menzogne che hanno caratterizzato quel periodo servivano semplicemente ad ingannare sé stessi, per poter sperare ancora.